Onorevoli Colleghi! - Nel 1975, dopo decenni di polemiche e dibattiti, la Biblioteca nazionale centrale di Roma completava finalmente il trasferimento nella sua nuova sede di viale Castro Pretorio e si apprestava a riaprire i propri spazi al pubblico. Il legislatore, consapevole della complessità dell'ampiezza dell'istituto e della rilevanza dei suoi compiti istituzionali, stabilì allora, con la legge 27 maggio 1975, n. 190, di riconoscere a questo istituto il suo specifico ruolo nel panorama delle biblioteche italiane, dotandolo, unico in Italia, di una particolare forma di autonomia amministrativa e contabile.
      Si trattava però di un'autonomia parziale, limitata cioè al solo versante della spesa, l'unico considerato rilevante in un periodo in cui la possibilità per un istituto bibliotecario di raccogliere proventi esterni, derivanti dall'erogazione di servizi aggiuntivi, quale la vendita di pubblicazioni o la concessione temporanea di spazi, o dalla realizzazione di attività di consulenza scientifica, appariva del tutto improbabile.
      Ad oltre trent'anni dall'entrata in vigore di quella legge, molte cose sono ormai cambiate nel settore dei beni culturali, e quella che era nata come una disposizione volta a favorire un miglior funzionamento della biblioteca ha finito con il rilevarsi inadeguata e fortemente penalizzante per le sue attività, anche istituzionali, costringendola in un regime amministrativo-contabile che non le consente di svolgere come dovrebbe il proprio ruolo.
      A partire dalla legge 14 gennaio 1993, n. 4 la cosiddetta «legge Ronchey», fino al recente codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il principio che anche gli istituti culturali possano procurarsi proventi

 

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esterni, derivanti da attività e servizi «aggiuntivi» rispetto ai propri scopi istituzionali, ha progressivamente trovato spazio sempre maggiore nella normativa di settore, nella consapevolezza che tali attività, oltre a costituire una possibile fonte di reddito per il settore culturale, aggiuntiva rispetto ai finanziamenti pubblici, consentano ai luoghi della cultura di fornire nuovi e più efficaci servizi alla collettività.
      Parallelamente, allo scopo di garantire una più efficiente gestione degli istituti culturali più direttamente interessati da tale fenomeno, in primo luogo i grandi musei e talune aree archeologiche, alcune norme emanate sul finire degli anni novanta (in particolare la legge 8 ottobre 1997, n. 352, e il decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368) hanno assegnato ad alcuni istituti del Ministero dei beni e delle attività culturali ampie forme di autonomia finanziaria e contabile, concedendo, oltre all'autonomia di spesa, anche la possibilità di inserire nel proprio bilancio ogni altra forma di introiti esterni derivanti dalle proprie attività.
      Per questo, si rende oggi necessario rivedere la disciplina giuridica che regola l'attività amministrativo-contabile della Biblioteca nazionale centrale di Roma, consentendo anche a questa biblioteca quanto già previsto per altri istituti dello stesso Ministero, e in particolare la possibilità di inserire in bilancio anche tutti quegli introiti esterni, derivanti da attività aggiuntive, oggi quasi mai o solo in parte e con grave ritardo destinati al funzionamento delle attività della Biblioteca, e soprattutto permettendo in questo modo alla Biblioteca stessa di rispondere anche a quelle richieste di consulenze scientifiche o di formazione che spesso le pervengono in virtù dell'alta professionalità del suo personale tecnico.
      Si rileva inoltre che le risorse disponibili per il funzionamento dell'Istituto, che ammontavano a 3.098.000 euro nell'anno finanziario 2000, sono state progressivamente e gravemente erose dai provvedimenti di compressione della spesa pubblica, fino a giungere agli attuali 2.350.000 euro, del tutto insufficienti anche a coprire le spese correnti più essenziali. In tal modo è stato seriamente compromesso perfino il raggiungimento delle finalità istituzionali che la legge assegna alla Biblioteca nazionale centrale di Roma.
      Ciò premesso, si evidenziano di seguito i punti salienti della proposta di legge.
      L'articolo 1, oltre a dotare la Biblioteca di autonomia finanziaria, organizzativa e contabile, conferma l'esistenza di un comitato di gestione per il coordinamento delle attività amministrative e tecnico-scientifiche.
      L'articolo 2, dopo aver ribadito l'iscrizione in un apposito capitolo di bilancio delle spese di funzionamento della Biblioteca nello stato di previsione del Ministero per i bere le attività culturali, previsione peraltro già presente nella legge n. 190 del 1975, stabilisce che ogni altro provento esterno, derivante dall'erogazione di servizi aggiuntivi o dallo svolgimento di attività di consulenza scientifica o a qualsiasi altro titolo, debba affluire direttamente al bilancio della Biblioteca ed essere destinato a interventi di adeguamento strutturale e funzionale, ai restauri e alle attività di valorizzazione del patrimonio.
      Analogamente a quanto già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 2003, n. 240, per le soprintendenze dotate di autonomia gestionale, una parte di tali proventi non superiore al trenta per cento del totale potrà essere destinata, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e al fine di consentire il riequilibrio finanziario nel settore, ad altre biblioteche pubbliche statali.
      L'articolo 3 rinvia a un successivo regolamento, da emanare entro sei mesi con decreto del Ministro dei beni e attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle norme per il funzionamento amministrativo-contabile e per la disciplina del servizio di cassa.
      L'articolo 4 prevede, a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento, l'abrogazione della legge 27 maggio 1975, n. I 90, che fino ad oggi ha disciplinato, il funzionamento della biblioteca nazionale centrale di Roma.
 

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